La natura psicospirituale della Comunità

(parte prima)

Tratto dal libro: “L’Impuso Femminile per i Tempi Nuovi”

Oggi si sente spesso parlare di Comunità, quale possibilità di un nuovo modo di vivere e di realizzare l’aspirazione più alta a cui l’umanità può tendere. 

Ma come possiamo accostarci timidamente a ciò che il futuro spirituale dell’umanità identifica come Comunità?

La parola Comunità o “Communitas”, è un termine composto da Cum, ossia “con”, “insieme”; e Munus, ossia “obbligo”, ma anche “funzione” o “dono”. Quindi la parola Comunità significa vivere insieme lo stesso impegno, donarsi all’ideale, compartecipare ad una progettualità, sentirsi parte di un Essere più grande, che non limita l’essere individuale, ma lo amplifica.

Il suo significato così può anche intimorire, poiché l’autentica Comunità non è quella dove ci siamo trovati inseriti per nascita, cittadinanza, cultura, religione, bensì quella che si forma quando un gruppo di persone, animate dagli stessi valori, con un intento comune, si uniscono per condividere ideali e realizzare progetti.

La sua natura più profonda è la Gioia, che costituisce anche il timore di chi vi si accosta, perché vi percepisce in essa il pericolo della fusione della propria anima con l’anima altrui.

Gesù, quando parlava, a volte si rivolgeva alla folla, altre, più rare, alla Comunità.

Nei sette “Io Sono”, ch’egli pronuncia, vi è proprio una progressione dalla folla alla Comunità, che significa anche un livello di progressione della Coscienza.[1]

Il primo Io Sono è rivolto alla folla e all’aperto.

Il secondo al popolo ebreo dentro il Tempio.

Il terzo e il quarto ad alcuni sacerdoti.

Il quinto a Marta, individualità singola.

Il sesto a Tommaso, individualità singola, discepolo.

Il settimo alla Comunità dei discepoli.[2]

Possiamo quindi vedere in queste preziose frasi che il Cristo pronuncia, il crescendo interiore dalla folla alla Comunità, passando dall’individualità. Questi “Io Sono”, che accompagnano la progressione dei vari livelli di coscienza dell’uomo, tendono come meta ultima alla Comunità, uno dei massimi valori in cui si può esprimere la Libertà nell’Amore.

La folla è la massa di persone non ancora individualizzate, è la moltitudine indistinta che segue qualcuno perché magari ha più forza e più potere trainante, e non sempre buono. 

La Comunità invece è il gruppo di individui che liberamente si uniscono, spinti interiormente da un anelito o da un ideale comune. Essa è composta di individui che hanno superato l’individualismo, e che possono mettere a disposizione di altri quel “di più” che hanno maturato nella propria autorealizzazione e autoconoscenza.

Gesù parla a Comunità di pochi, poiché pochi erano, e sono ancor oggi, coloro che non temono di mettere a disposizione di altri la forza del proprio Io, coloro che non temono che la loro anima possa sentire l’anelito di un’altra anima e così accostarvisi per sentire insieme un anelito più grande.

La folla è l’informe, la Comunità è la Forma.

La folla spesso è schiava, la Comunità coltiva e matura in sé la Libertà.

La folla è la confusione, la Comunità è l’Ordine.

La folla è il vociare che si perde nel vuoto, la Comunità è la Parola che conosce la Direzione.

La folla è il noi, ma non il Noi.

La folla è l’insieme di tanti ego, la Comunità è l’insieme degli Io, raggi di Luce uniti verso l’Alto nell’Io Superiore.

La meta dell’Io Superiore è l’Amore per l’intera umanità, un Amore che si raggiunge in piena Libertà.

 

Cum-Munus, Comunità, è allora vivere insieme lo stesso valore, votato intimamente a se stessi e condiviso con gli altri per raggiungere uno scopo più alto.

Nella folla non può scendere un Essere Spirituale. Tale Essere ha bisogno di un calice puro, silenzioso, armonioso e accogliente, fatto di una sostanza matura spiritualmente e composta dalla maturità spirituale delle varie individualità che lo compongono.

La via del futuro è questo Calice. Esso è il frutto dell’Anima compenetrata di Spirito. Esso è il Graal della società futura, la Comunità – Coppa – Anima – Natura Femminile, dove scende lo Spirito – Fuoco – Natura Maschile.

Il futuro è in questo Calice. Nelle mani che si uniscono in amorevole scambio e dolce offerta, ma anche nella tensione dinamica che si crea nel dirigere lo sguardo verso la stessa Meta, pur mantenendo l’individualità dello sguardo. Un punto di Fuoco nel futuro, mantenuto vivo dai vari punti di vista che in esso convergono. Un elastico equilibrio che, quando la forma si tende da un lato, può contare sull’altro lato che la riporta al Centro.

La Comunità è Gioia. Se non portasse gioia all’anima non potrebbe dirsi Comunità.

Se all’interno delle persone che formano una Comunità qualcuno soffrisse a causa di un altro, l’Essere Comunità, ossia la Guida Spirituale che la sostiene, potrebbe cedere, allontanarsi.

Se qualcuno ponesse il suo ego davanti alle necessità dell’intera vita comunitaria, qualcun altro dovrebbe portarne il peso. Ogni gonfiarsi dell’ego di un individuo comporta il sacrificio di un altro individuo, pertanto l’altruismo ne è il fondamento. L’altruismo non è semplice generosità, la quale a volte nasce da una lacuna dell’anima e non dalla sua pienezza, bensì un’attitudine vissuta nella pura gioia dell’offrirsi, nel vedere l’altro e sentirlo parte integrante del proprio Sé, per cui ciò che si dà all’altro è ciò che unisce a se stessi e che libera da tutte le prigionie dell’ego.

Tale è la Comunità, quale via del futuro e per il suo alto ideale è riservata a pochi, ma quei pochi cambieranno il destino dell’umanità.

Essere altruisti, quando si è liberi interiormente, non è difficile, è facile, è dolce. Ma questo ha come base il principio della libertà interiore, libertà dell’essere e dell’esprimere, libertà di osservare in se stessi le vaste aree dell’anima, individuarne le carenze, le debolezze, le sofferenze, e poi mettersi in cammino per la trasformazione, poiché la trasformazione è la via dell’evoluzione.

Non è necessario che l’anima sia totalmente libera, ma è necessario che sia libero lo sguardo che la osserva, è necessario che lo sguardo non eviti l’ombra interiore, la ferita di cui spesso tale ombra è composta, la sua natura di bambino poco amato e poco riconosciuto, che spesso si nasconde nella prigionia della non libertà. Se lo sguardo osserva senza timori è già sulla via della libertà, e tutto può venire trasformato quando è “visto”.

Per osservare ed osservarsi senza timori è necessario essere coraggiosi. Il coraggio, quale “azione del cuore”, è un presupposto fondamentale all’autoconoscenza e alla conseguente verità che porta alla luce. Tale verità, nata dal vedere, riconoscere e lavorare al superamento delle proprie oscurità, porta alla naturale conseguenza del vedere e comprendere le difficoltà altrui. In maniera spontanea si evita il giudizio negativo, poiché si comprende come ogni giudizio espresso sugli altri è in fondo un giudicare se stessi.

Il cammino verso la Comunità è un cammino Buono, Bello e Vero, è pervaso dal sentire morale di queste qualità. Esse sono elargite dai mondi spirituali alle anime che anelano alla libertà interiore, alle anime coraggiose, alle anime che vogliono “vedere”, vedersi, scoprirsi, trasformarsi, evolvere.

La Bontà è il pane di cui una Comunità si nutre. Possiamo immaginare un’autentica Comunità come un Essere che profuma di pane fresco appena sfornato e di esso si può dire: “che buono!”

Buono è ciò che dà pace all’anima, che ne accarezza i passi anche quando sono faticosi, che avvolge il lavoro e l’impegno con ottimismo e fiducia, che conosce la luce poiché ha attraversato il buio, che conosce l’innocenza perché ha superato l’ingenuità conservandone il seme della freschezza e della meraviglia.

Buono è ciò che vuole il bene altrui. E il bene altrui cos’è? Tutto ciò che tende alla trasformazione e all’evoluzione, anche quando è un rimprovero, un punto di vista diverso, una vigilanza costante sulle mete da raggiungere. Buono non è “comodo”, buono è stimolo incessante.

Non è difficile riconoscere ciò che è Buono, poiché ognuno di noi conosce cos’è il buono per sé e può così facilmente identificarlo nel Buono per l’altro.

Data l’universalità dei valori morali, l’apertura verso i Mondi Superiori permette di riconoscere con perfetta sicurezza cosa è bene per l’altro, poiché nell’Io Superiore siamo tutti uniti, e ciò che esso imprime nell’individualità è della stessa sostanza di ciò che viene impresso nell’umanità intera, purché lo si voglia accogliere.

Buono è lo sguardo che mentre va verso il basso s’innalza. Così, mentre si guarda con tenerezza alla fragilità di un bambino, al dono d’amore incondizionato che ci danno gli animali, alla fresca pace che ci offrono piante ed erbe, alla sicurezza di sassi e rocce dove i nostri piedi affondano in totale fiducia, mentre si guarda a tutto questo con gratitudine e profonda accoglienza, la Bontà prende forma nel cuore.

La venerazione per ciò che sta sotto di noi, sviluppa la devozione per ciò che sta sopra di noi. In equilibrio tra Terra e Cielo, noi troviamo il Centro di noi stessi. Il centro di noi stessi, che abita nel cuore, è collegato al centro di ogni altro cuore. E ogni cuore forma il grande cuore dell’unione raggiunta.

Buona è l’amicizia scherzosa e gioiosa.

Buona è la condivisione degli sforzi e delle lacrime.

Buono è il sorriso che nasce dall’anima e che inonda il viso e lo sguardo.

Buona è la mano che si dona quale piccola coppa dove la sostanza dell’altro può riversarsi.

Buona è l’attenzione alle parole dette dall’altro e a quelle che giacciono ancora inespresse.

Buone sono le carezze non richieste, gli abbracci non cercati, le parole consolatrici al momento giusto, i sentimenti amorevoli, i pensieri puri, la volontà accesa.

Buono è tutto ciò che l’anima umana può, nella sua propria esperienza, riconoscere come intima Pace.

La Bellezza si potrebbe definire come il pulsare del cuore.

Se la Bontà è l’espressione vivente del cuore, la Bellezza ne è il suo fondamento.

Ogni piccolo bambino, per dire che un’azione è buona, dice che è bella; per dire che è cattiva, dice che è brutta. Il legame profondo tra i due valori morali è così chiaro ad un bimbo di due anni, quanto spesso dimenticato dall’adulto. Ma facendo un po’ di attenzione non si può forse dire che un gesto buono sia in sé anche bello? Di quanto si può dire della Bontà, si può dire anche della Bellezza. Così, se è buono un sorriso, esso è anche bello, se è buona una carezza, essa è anche bella, e così è per ogni altro gesto o fatto o situazione. La differenza è che la Bontà presuppone qualcosa che entra in azione, ed è quindi maggiormente legata alla volontà, mentre la Bellezza ha un aspetto più ricettivo e contemplativo.

La Bellezza viene a noi come nutrimento dell’anima, il cui unico atto è quello di disporsi ad accoglierla, mentre la Bontà, la buona azione, va nella direzione del “farsi accogliere”.

Nel guardare, nel sentire, nel vivere ciò che è bello l’anima trova quiete,  poiché la Bellezza è fondamentalmente armonia, e l’armonia è in relazione con il ritmo, con il pulsare del cuore e dei polmoni, con l’alternarsi di inspiro ed espiro, di contrazione ed espansione.

Non è bello ciò che è dissonante, quindi fuori suono, fuori ritmo, fuori armonia. Nel vivere il ritmo, nello sperimentare l’armonia, si forma nell’anima il calice della Bellezza, specchio della magnificente Bellezza Celeste, e il suo tocco è così delicato e profondo che mette ali all’anima.

Un’anima nobilitata attraverso la Bellezza diventa sempre più fine nel sentire, sempre più sensibile alle innumerevoli sfumature della vita, e pertanto disposta ad accoglierle sia in se stessa che negli altri.

L’attenzione “buona” verso tutto ciò che vive non può che osservarne la bellezza infinita, in ogni forma ed in ogni colore, udirla in ogni suono e in ogni silenzio, respirarla, sfiorarla in tutto ciò che ci è donato da Dio o da ciò che ci è donato dall’uomo quando rispetti il principio del ritmo-armonia.

Nel contemplare la Bellezza lo sguardo si placa e una sottile intima vibrazione fa trovare all’anima la pace del ritorno a sé. Il battito del cuore e dei polmoni ne fa da sostegno. Nell’anima permeata di Bellezza non può esserci posto per nulla di scortese e di egoistico, poiché essa è nell’equilibrio di se stessa e nell’unirsi ad altre anime non può che manifestarsi nel medesimo equilibrio.

In equilibrio sta anche il luogo fisico in cui essa abita: il centro del corpo, equilibrio tra alto e basso, tra pensiero e volontà, tra cielo e terra.

Nel mondo del sentire, la Bellezza rivela al sentimento la sua più autentica origine.

Contemplare il Bello assieme ad altri ne potenzia il valore e la profonda calma che contiene in sé. La Bellezza avvolge il gruppo come un lieve involucro aureo che lo culla nella dolcezza.

La Verità si unisce alla Bontà e alla Bellezza in maniera indivisibile. Ciò che è Buono e Bello è anche Vero, la menzogna o l’inganno non possono esistere, in quanto produrrebbero immediatamente assenza di Bontà e Bellezza.

La Verità sorge sulla Bontà, si espande nella Bellezza e si manifesta nel pensiero, immergendolo nella forza del retto giudizio, una capacità che non lascia spazio ad ambiguità o fraintendimenti.

A volte può sembrare che il Vero possa scostarsi dal Buono. Infatti, si dice che la Verità può far male. Ma questo può essere solo l’effetto temporaneo della Verità, poiché essa, nel suo più ampio significato e nel giusto tempo, non può che congiungersi con la Bontà, in quanto ha la potenzialità di riportare ordine in ogni cosa, e questo alla fine non può che rivelarsi Buono e Bello.

L’apparente freddezza del pensiero viene così riscaldata da ciò che abita nel cuore come Bellezza e si esprime nelle azioni come Bontà. Il pensare diviene allora capace di riconoscere con immediatezza il falso dal vero, prima di ogni parola e di ogni spiegazione, poiché la Verità vive di luce propria, della luce che proviene dall’Io Superiore e che accomuna tutti gli esseri.

Essere veri con se stessi è il primo grande passo per essere veri con gli altri. Il saper guardarsi dentro con Verità, senza autoinganni, senza rimozioni o negazioni di ciò che vive nell’anima, senza giustificazioni, senza paura e senza colpa; guardarsi nella nudità del Vero porta a grande libertà interiore e permette di riconoscere la Verità nell’altro e nelle varie situazioni della vita.

La Verità è la Via che porta alla Vita. E la Vita, per essere tale, non può che sostanziarsi di Verità. Colui che parlò di queste qualità dell’Io Sono, indicò con chiarezza come senza Verità non sia possibile la Libertà, e senza Libertà non sia possibile l’Amore, e senza l’Amore non sia possibile la Comunità, l’unione di anime nel futuro.

Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv. 8,32).

Come sono ampie, profonde e infinite queste parole! E tuttavia muovono dalla semplicità dell’essere autentici con se stessi, di dire sempre la Verità agli altri, di dire sempre la Verità a se stessi.

Colui che vive nella Verità, prima o poi avrà accesso anche alle Verità più grandi, poiché esse gli risuoneranno nell’anima. La purezza dei sentimenti, dei pensieri e delle azioni conduce in modo naturale la Verità a trovar spazio all’interno e all’esterno di sé. E la Luce che brilla nella Verità di ognuno diventa Luce anche per l’altro e una via d’elezione per l’evoluzione.



[1] Tratto dalla rivista Die Christengemeinschaft, San Giovanni 2021, articolo di Jean Christophe Demarais: I sette “Io Sono”.
[2] 1:“Io sono il pane di vita” (Gv 6,35);

    2:“Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12);

    3: “Io sono la porta” (Gv 10,9);

    4: “Io sono il buon pastore” (Gv 10,11);

    5: “Io sono la resurrezione e la vita” (Gv 11,25);

    6: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6);

    7: “Io sono la vera vite” (Gv 15,1).